Unicorn start up – Le unicorn start up sono un fenomeno relativamente recente, proprio del nuovo millennio. Quando si associa alla parola start up il concetto di unicorno ci si sta riferendo a tutte quelle start up tecnologiche, non quotate in Borsa, fondate dopo il 2003, che sono riuscite ad ottenere una loro valutazione superiore al miliardo di dollari.
Quando raggiungono il risultato di una quotazione maggiore di 10 miliardi di dollari, ecco che si sale a livello di ‘Decacorn’ o ‘Super Unicorn’; se si raggiungono i 100 miliardi di dollari ecco che si passa a livello di hectocorn.
Attualmente, CBInsight cura online una lista di unicorn start up che, finora, ne conta più di 400. È possibile consultarla a questa pagina.
Come è possibile osservare, le prime posizioni sono contese tra la Cina e gli Stati Uniti d’America.
E l’Italia?
Le startup nel nostro paese fanno fatica a trovare spazio e, soprattutto, seguito per decollare. Quindi, ancora più complesso è riuscire a raggiungere il traguardo proprio delle unicorn start up. La problematica si rilega all’ immobilità dell’ascensore sociale nazionale. Sembra che sia il contesto a contare più dell’effettivo contenuto, con la conseguenza di una difficoltà a superare quelle barriere iniziali che tappano immediatamente le ali a idee potenzialmente innovative e brillanti. Ci sono pochissime realtà che pian piano si stanno facendo spazio e crescono, ma non è detto che l’unicorno tricolore non sia proprio dietro l’angolo.
Unicorn start up: le loro caratteristiche
Le caratteristiche che accomunano le attuali unicorn startup sono:
- il focus su un paradigma completamente tecnologico,
- una struttura soprattutto B2C, quindi indirizzata a consumatori a cui si offrono servizi,
- una natura privata, in quanto si tratta di società che nascono come private e ottengono la loro valutazione quando una società più grande la acquisisce o vi investe.
La scelta di associarle all’ animale mitologico si spiega sulla condivisione da parte di entrambi di caratteristiche quali rarità, ispirazionalità e leggendarietà.
Così come sarebbe piuttosto raro incontrare un unicorno (o forse sarebbe più corretto dire impossibile), riuscire nell’ impresa di veder realizzata la propria start up non è infatti per nulla scontato, anzi. Il progetto che un tempo era solo astratto, che si pensava sarebbe sempre rimasto dentro il cassetto, ha trovato la sua strada, ha preso inizio e si è concretizzato, ha avuto seguito e finalmente ha conquistato il successo.
La figura del cavallo cornuto si presenta, inoltre, come un simbolo di purezza e forza, e quindi esemplare, così essere una unicorn start up significa farsi esempio e modello per molti altri che vogliono tentare di realizzare il loro progetto.
Infine, se l’unicorno viene spesso accompagnato a un’aura di misticismo e magia, connessa al suo essere sempre stata presente nell’immaginario dei popoli ma mai concretamente spiegata, così queste tipologie di startup risultano abbastanza inspiegabili a causa del loro successo così strabiliante.
Questo aspetto si connette anche alla natura abbastanza labile e fugace delle unicorn start up, infatti queste realtà nascono velocemente, ma altrettanto velocemente muoiono.
Unicorn start up: pro e contro
Dopo una tale romantizzazione del fenomeno finanziario, torniamo coi piedi a terra per analizzare quelli che sono i pro e i contro delle unicorn start up.
Da un lato le unicorn start up sono sicuramente delle potenziali miniere d’oro in termini di successo, con una carica innovativa dirompente, una visione nuova e originale, in grado di sviluppare realtà ancora inesplorate.
Ma, se da principio una dinamica di questo tipo potrebbe apparire unicamente positiva, in realtà non sono da ignorare punti a suo sfavore, che soprattutto agli occhi degli investitori e capital venture potrebbe far fare dei passi indietro.
Innanzitutto, alla base di questa loro instabilità si nasconde la necessità di rivolgersi, anticipatamente rispetto a quanto avveniva in passato, al mercato dei capitali nelle fasi iniziali del percorso di sviluppo.
Qui ritroviamo già una delle prime problematiche delle unicorn start up correlate a questi fenomeni: si ottengono quotazioni parecchio elevate al buio, nel senso che molto spesso non ci sono delle concrete evidenze su cui si basano le valutazioni, perchè si tratta di imprese con poca esperienze, che ancora non godono quasi mai di utili e fondano il loro valore principalmente su asset intangibili e sulla crescita degli utenti.
Questo ci riporta al rischio di un ripetersi dell’immaginario verificatosi nel 2008, anno protagonista della ‘bubble tech’. Se questa eventualità può sembrare esagerata o apocalittica, in realtà è bene tener presente che anche una sola Unicorn è in realtà potenzialmente in grado di generare un effetto domino che potrebbe ricondurre allo scoppio di qualche bolla speculativa.
Sempre in connessione con la dinamica d’ investimento, un altro problema delle unicorn start up su cui riflettere è connesso alle tipologie di investitori che oggi possono accedere al mercato delle start up: con i recenti cambiamenti in termini legislativi è diventato molto facile per i tradizionali investitori privati imporsi sui piccoli investitori pubblici, creando un mercato d’élite. La strategia prevalentemente utilizzata dai fondatori delle startup che si sono rivelate vincenti è stata limitare o evitare del tutto l’entrata in Borsa. Questo permette di sviare da una serie di regolazioni e obblighi validi solo per i pubblici.
Il raggiungimento, quindi, di valutazioni milionarie esclusivamente in ambito privato ha dato il via a una vera e propria “Era delle Unicorn Companies”. Il problema però è quello di rispondere a questa crescita rapida, spesso non c’è una sostenibilità a lungo termine e questo ci riavvicina ancora a un immaginario in stile DotCom.
Unicorn start up: le nostre conclusioni
Riassumendo, la situazione non va sottovalutata perchè la tendenza a valutare maggiormente la crescita potenziale rispetto all’effettiva redditività è piuttosto rischioso. Se queste valutazioni fuori misura non trovano riscontro nei ricavi saranno molto difficili da sostenere.
Dall’ altro lato, il circuito di investimenti è fondamentale, soprattutto per realtà piccole come quella italiana, che stanno ancora faticando a trovare la giusta strada per crescere.
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